La caratteristica principale ed esclusiva del progetto è sicuramente la forma comunicativa. La band canta in una lingua di fonemi, la lingua Xhu, da cui prende il nome, nata inizialmente come codice solo visivo ma con il tempo sviluppato in fonemi a metà tra il simbolico e il sonoro.
Una lingua concepita partendo dal gusto pittorico e non dal rigore logico di un linguista, curata nel visivo e che continua a svilupparsi su questo intento, tra significato, senso e suono. Lo Xhu è una scrittura basata su crittogrammi e ideogrammi, con corrispondenti fonemi per ogni segno e simbolo. Questo permette oggi di scrivere a parlare in lingua Xhu. Sul sito della band è possibile trovare una vera e propria grammatica di questo codice primitivo.
Dal punto di vista sonoro i fonemi permettono di fondere lo strumento vocale con quello musicale per dare vita ad un’unica pasta sonora ed emotiva. Il risultato è un sound fortemente evocativo.
Nheven è il tentativo di sintetizzare in un unico brano e in modo non banale, diversi mondi musicali, molteplici sfere sonore: è possibile rintracciare sfumature del rock melodico, orecchiabilità del pop, tracce elettroniche.
Se dovessimo definire in un genere quello che gli XHU fanno e che veicolano in questo primo singolo, potremmo sicuramente definirlo new wor(l)d. Ha molteplici riferimenti: dentro si rintracciano riferimenti alla world music, non nell'accezione più comune che ha, ma come musica influenzata dal mondo, dalle esperienze. La maggior parte delle produzioni della band provengono dai viaggi di Alessandro in Europa, Asia, Africa, Medioriente. I suoni come mappa del mondo. Come tracce di una geografia umana. C'è poi un riferimento a qualcosa di nuovo, un modo che si vuole scoprire, una realtà musicale che stiamo sperimentando. rintracciano sfumature rock, una presenza costante dell'elettronica, la noise, l'industrial. C'è una contaminazione di tutto questo
Nheven è un invito alla gioia, al lasciarsi andare. Al sentire, nel senso di percepire a pieno quello che ci circonda.